La recente approvazione della proposta di legge sulla fast fashion in Francia ha sollevato un acceso dibattito tra le associazioni ambientaliste e i sostenitori dei diritti umani. Il 19 marzo 2025, la Commissione del Senato ha dato il via libera a un testo che, secondo la Coalizione Stop Fast Fashion, ha subito un notevole ridimensionamento rispetto alle misure inizialmente previste. Questa coalizione, composta da 14 organizzazioni tra cui Emmaüs, France Nature Environnement, Les Amis de la Terre e Zero Waste, ha espresso preoccupazione per l’indebolimento delle misure che avrebbero dovuto essere adottate.
Le modifiche apportate dalla Commissione per lo sviluppo sostenibile del Senato francese hanno suscitato forti critiche. In particolare, sono state eliminate le disposizioni che avrebbero dovuto regolare il comportamento delle grandi aziende europee, frequentemente al centro di polemiche per le loro pratiche non sostenibili. La Coalizione Stop Fast Fashion ha messo in evidenza come queste modifiche possano compromettere l’efficacia del provvedimento, rendendo difficile il contrasto alla fast fashion.
La ministra del Commercio, Véronique Louwagie, ha difeso le modifiche, affermando che la nuova versione della legge fornisce una definizione più precisa della fast fashion, basata sul numero di articoli in vendita e sulla mancanza di incentivazione alla riparazione degli indumenti. Tuttavia, le associazioni ambientaliste sostengono che tali definizioni non siano sufficienti per affrontare il problema della moda veloce.
Diverse aziende del settore tessile, sia in Francia che in Europa, hanno manifestato preoccupazioni riguardo agli effetti collaterali della normativa. Queste aziende temono che la legge possa impattare negativamente su un numero eccessivo di marchi, distogliendo l’attenzione dalle grandi piattaforme asiatiche come Shein e Temu, che sono spesso citate come principali responsabili delle pratiche di fast fashion.
Le aziende richiedono un approccio più mirato, che non penalizzi i marchi locali e che consenta loro di competere in un mercato già fortemente influenzato da attori esterni. La preoccupazione è che una regolamentazione eccessiva possa ostacolare l’innovazione e la sostenibilità all’interno del settore tessile europeo.
Un altro aspetto significativo della proposta di legge riguarda la pubblicità. La Commissione ha deciso di eliminare il divieto totale di pubblicità per la moda fast fashion, sostituendolo con una regolamentazione meno severa. La relatrice del testo, Sylvie Valente Le Hir, ha spiegato che un divieto assoluto potrebbe essere considerato una limitazione alla libertà d’impresa. Tuttavia, è stata mantenuta una restrizione: gli influencer non potranno promuovere marchi di fast fashion, una misura che mira a ridurre l’influenza di queste pratiche sui consumatori.
La Coalizione Stop Fast Fashion ha denunciato la scelta della Commissione di svuotare la legge della sua efficacia, rimuovendo le penalità per le aziende che non rispettano i criteri ambientali. Le associazioni chiedono il ripristino delle sanzioni basate sull’etichettatura ambientale, un sistema sviluppato dall’ADEME per valutare l’impatto ecologico dei prodotti. La questione rimane aperta, con la speranza che il dibattito possa portare a una legge più efficace e in grado di affrontare le sfide legate alla fast fashion in un contesto sempre più attento alla sostenibilità.